La vita di un tecnico è vivere di dubbi proferendo certezze
Con questo aforisma regalatomi ieri da un collega architetto, introduco un argomento abbastanza insolito nella prevenzione incendi ma che guarda dritto verso il futuro, sia per l’innovazione che per funzionalità.
Mentre leggevo le mie solite letture tecniche mi sono imbattuto in un fenomeno chimico-fisico dove, qualora l’ossigeno in atmosfera sia ad una concentrazione ridotta, la combustione avverrebbe in maniera limitata o addirittura non avvenga.
Essendo laureato in ingegneria chimica tale concetto non mi era assolutamente nuovo ma quando ho iniziato a pensare agli aspetti pratici ho iniziato ad immaginare dei paradossi che in realtà tali non sono. Tutto è iniziato con questo grafico:

Esiste infatti un range di concentrazione (13-17%) dove un incendio non può essere innescato ed allo stesso tempo gli esseri umani non rischiano la vita e, osservando il grafico (che ho modificato per renderlo comprensibile) ho notato come moltissime città del mondo vivano già normalmente in un’atmosfera carente di ossigeno. Tre esempi su tutti:

Quindi, una domanda mi è sorta spontanea:
Ma allora, chi abita a migliaia di metri di altezza non potrà mai accendere un fuoco?
Ovviamente NO anche perché basta scrivere su google (e l’ho fatto) “incendio Bogotà” per sapere che in passato ci sono già stati degli incendi.
Tecnicamente ciò si spiega perché, la soglia di innesco in % di ossigeno, dipende sia dal tipo di combustibile che dalla temperatura ambiente:

Nella pratica, per innescare una fiamma da un combustibile gassoso o liquido può bastare una percentuale molto minore di ossigeno in atmosfera e, come se non bastasse, la temperatura ambiente è spesso superiore ai 20°C indicati in tabella.
Perciò, certamente è più complesso innescare un’incendio a chilometri di altitudine ma resta comunque possibile.
E una volta che si innesca l’incendio? Tutto come sempre ma c’è un insegnamento
Se la temperatura dei locali si alza di centinaia di gradi l’altitudine conta ancora meno poiché le reazioni chimiche di combustione sono fortemente facilitate ed è sufficiente anche il 10% di ossigeno per l’auto-sostenibilità di un incendio.
Per cui, tornando al titolo dell’articolo, un collega di Bogotà certamente avrà meno lavoro ma non rimarrebbe a bocca asciutta perché gli incendi una volta innescati possono comunque generare danni ingenti, quindi resta ancora sensata l’applicazione delle misure antincendio.
Più che altro invece, sfruttare un’atmosfera carente di ossigeno per limitare l’innesco di una combustione può essere un’idea sensazionale per prevenire un’incendio.
Non a caso infatti, ci hanno già pensato con la tecnologia ORS.
ORS – Oxigen Reduction System

I sistemi a riduzione (o deplezione) di ossigeno si basano sul monitoraggio continuo dell’atmosfera dell’ambiente da proteggere, riducono la percentuale di ossigeno dal 21% a circa il 14-17%, un quantitativo tale che la combustione non potrà innescarsi.
Tale soluzione si realizza, molto semplicemente, immettendo azoto nel locale da proteggere e, con un monitoraggio costante dell’atmosfera, si realizza in mantenimento della concentrazione di ossigeno sotto il valore minimo di soglia (sicuramente sotto il 17%) e al di sopra della concentrazione pericolosa per la vita umana (13% di ossigeno).
L’azoto che serve a mantenere la concentrazione ai valori di progetto viene creato da un’apparecchio che preleva l’aria in condizioni standard (78% di azoto e 21% di ossigeno) e, mediante varie tecnologie, cattura l’ossigeno presente trasformando l’aria in un gas con un tenore di azoto del 96-97%.
Questa tecnologia diventa l’ideale nelle attività in cui non è possibile interrompere l’attività lavorativa (la cosiddetta business continuity), risolve parecchi problemi di gestione ed è altamente funzionale.
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